Uno strepitoso Mac cancella il gap generazionale con Sergi Bruguera e si aggiudica la quarta edizione de “La Grande Sfida”. L’ultimo titolo in Italia era arrivato nel 1985, a Milano. Ovazione del pubblico per SuperBrat. Terzo posto a Wilander, quarto un applauditissimo Leconte. Palapanini di Modena quasi esaurito.
Per il quarto anno consecutivo, la Grande Sfida è stata vinta. Rispetto alle tre precedenti edizioni era ancora più difficile, perché Ernesto De Filippis ha scelto di portare il grande tennis in città non più abituate a ospitarlo. La risposta di Modena per il gran finale è stata straordinaria, con un Palapanini quasi esaurito su una capienza di circa 5.000 spettatori. Per un pomeriggio, la pallavolo (in cima al palazzetto troneggiano le bandiere con il palmares della squadra locale, una delle più titolate d’Europa) ha lasciato spazio al tennis e ha vinto l’atleta che tutti volevano: John McEnroe, vero beniamino del pubblico italiano. A 56 anni, è come se il tempo si fosse fermato. E dopo la parziale delusione dell’anno scorso, quando raccolse il terzo posto, si è preso un successo che sancisce il 21esimo titolo nell’ATP Champions Tour, il circuito delle leggende istituito nel 1997 per “allungare” la carriera di pochi e selezionati campioni (i criteri di selezione sono durissimi: bisogna essere stati n.1 ATP, aver vinto almeno uno Slam o un’edizione della Coppa Davis). E McEnroe ne è la star indiscussa.
JOHN MCENROE b. SERGI BRUGUERA 6-3 6-4
A 30 anni esatti dall’ultima volta, John McEnroe torna a vincere un torneo in Italia. L’ultimo dei quattro titoli al torneo ATP di Milano risaliva al 1985, quando batté in finale Anders Jarryd. John si riprende il belpaese aggiudicandosi “La Grande Sfida 4” al termine di una finale sorprendente, quasi incredibile, contro Sergi Bruguera. L’americano ha letteralmente dominato la partita, annullando il gap di 12 anni che aveva fatto pensare a un successo dello spagnolo. Mentre nella finale per il terzo posto c’era stato un clima giocoso, il match per il titolo è stata partita vera, soprattutto da parte di un McEnroe incredibilmente motivato. Talmente concentrato da ridurre a zero le sue celeberrime proteste, fino addirittura ad applaudire i colpi vincenti dello spagnolo. Mac ha giocato una partita strepitosa sul piano mentale, ma addirittura sontuosa su quello tecnico. Nelle prime fasi ha sfruttato la superficie veloce, dove le palle cariche di topspin di Bruguera non rimbalzavano così alte, mentre il suo slice costringeva Sergi e giocare da posizione scomodissima. Risultato? Break al secondo gioco e una clamorosa solidità nel palleggio da fondocampo. McEnroe era quasi commovente nel correre a destra e sinistra in alcuni scambi, salvo poi chiudere con un colpo vincente o un tocco magico. E poi era irraggiungibile nei turni di battuta: Bruguera non è mai stato capace di leggere il servizio di Mac, procurandosi soltanto una palla break sul 5-3 del primo set (cancellata da un servizio vincente). A ben vedere, è stato l’unico game di servizio dove ha avuto qualche problema. Una volta intascato il primo set, McEnroe ha continuato a dominare e Bruguera faceva sempre più fatica a restare a galla. Ha cancellato palle break sia nel primo che nel terzo game del secondo set, poi sul 2-2 e 40-40 è arrivato il momento più atteso: McEnroe ha tirato un passante-bomba di rovescio, atterrato nei pressi della riga. Sembrava buono, ma il punto è stato poi assegnato a Bruguera. A quel punto, quasi invocato dal pubblico, è arrivato l’atteso “You cannot be serious!”rivolto al giudice di sedia Sebastiano Cavarra. Con un po’ di fatica, Bruguera ha tenuto fino al 4-3 ma era decisamente più stanco di Mac (incredibile!) e anche con qualche problema fisico a una gamba. Ha ceduto il servizio nel nono game e ha praticamente rinunciato a giocare l’ultimo, consegnando il titolo a McEnroe. Per lui l’Italia resta un tabù: il suo unico titolo è arrivato a Palermo nel 1992, per il resto quattro sconfitte in finale (Palermo 1993, Milano 1993 e 1997, Roma 1995). Modena segna la quinta finale perduta, ma può comunque essere soddisfatto: in fondo, ha scoperto soltanto pochi giorni fa che avrebbe dovuto giocare al posto dell’infortunato Yannick Noah. “Grazie, grazie all’Italia!” ha tuonato McEnroe durante la premiazione, prendendosi l’ultimo grande applauso.
MATS WILANDER b. HENRI LECONTE 7-5 2-6 10-5
A Leconte gli applausi, a Wilander la vittoria. Si può riassumere così la finale per il terzo posto, ennesima sconfitta di “Riton” contro l’incubo svedese. In carriera ci aveva perso 11 volte su 13 e gli è andata male anche stavolta. Però si è consolato con l’ovazione del pubblico, divertito dalle sue continue scenette, iniziate addirittura durante il palleggio di riscaldamento. Il match è stato simile a quello di venerdì, quando il transalpino aveva ceduto a Sergi Bruguera. Un paio di differenze: un maggiore equilibrio fisico (Wilander ha 7 anni più di Bruguera) e la strategia dello svedese, che spesso ha cercato la via della rete, nel rispetto della tattica che nel 1988 gli fece vincere tre quarti di Slam. E a Parigi vinse in finale proprio su Leconte. Stavolta Riton è andato vicino al successo, ma ha ha perso gli ultimi quattro punti (da 6-5 a 10-5 nel super tie-break) dopo un match molto equilibrato. Da ricordare l’incredibile passante di dritto, in corsa, che gli ha dato il secondo set. Un colpo che ha scatenato l’ovazione di un Palapanini quasi esaurito. Ma Leconte non ha tradito: al di là del risultato, è stato travolgente con la sua simpatia. Dei quattro giocatori è stato certamente il più istrionico, il più bravo a intrattenere il pubblico. Dava spettacolo quasi dopo ogni punto, persino ai cambi di campo, quando ha dato il suo asciugamano a Sebastiano Cavarra, offrendogli la possibilità di detergere il sudore (??). A parte i soliti siparietti con il pubblico e i raccattapalle, peraltro favoriti dalla buona padronanza dell’italiano, le fasi più divertenti sono state tre: la chiamata del referee Massimo Morelli per verificare l’altezza della rete, secondo i giocatori troppo alta; il siparietto con le ragazze che distribuivano le caramelle Ricola tra il pubblico: Henri ne ha bloccata una, facendosi dare la caramella e mangiandola gioiosamente in mezzo al campo; infine, un classico: dopo un punto faticoso, è entrato nell’automobile a bordocampo, che sembrava messa lì apposta. Già che c’era, ha suonato il clacson e ha chiesto dove fosse la chiave. Facile immaginare che avrebbe scorrazzato per davvero. Già che c’era, ha domandato se ci fosse una Ferrari nei paraggi. Wilander ha lasciato il palcoscenico al rivale, ma si è preso la sua dose di applausi quando ha intercettato una pallina con il tacco. A quel punto, si è improvvisato storico calcistico, menzionando tre svedesi che hanno militato nel campionato italiano di calcio: Zlatan Ibrahimovic, Glenn Stromberg e Tomas Brolin. In tribuna, come a Verona, i grandi ex del tennis italiano Lea Pericoli e Nicola Pietrangeli. Come due giorni fa, quest’ultimo è stato “coinvolto”da Leconte nelle vesti di coach dopo che due giorni fa gli aveva addirittura chiesto di scendere in campo. I tabellini ricorderanno Henri Leconte all’ultimo posto, ma nei cuori della gente si è ritagliato un posto speciale. E ha certamente conquistato tanti nuovi ammiratori.
Grande soddisfazione per Ernesto De Filippis, che ha trovato in Modena una città assolutamente pronta e in grado di sostenere la Grande Sfida. “E’ stata una bella avventura e devo ringraziare tutte le persone che ci hanno dato una mano, a partire dall’Amministrazione Comunale con Sindaco Gian Carlo Muzzarelli e l’Assessore allo Sport Giulio Guerzoni, senza dimenticare il Delegato Provinciale FIT Roberto Vitale. Insieme, abbiamo ottenuto uno splendido risultato”. Sul futuro non dice niente, ma la motivazione e la voglia di fare qualcosa di importante per il tennis restano altissime. La Grande Sfida non finisce mai. (1223)