Federer ha fatto suo il trofeo di Basilea, portando a casa l’ottantottesimo titolo in carriera.
Ha confezionato un piccolo e prezioso cammeo questa settimana Roger Federer. Il palcoscenico non sarà stato uno dei maggiori, gli avversari non i più ostici (finale a parte ovviamente) ma in ogni caso vincere l’ottantottesimo torneo, di fronte al pubblico di casa, sotto gli occhi di papà mamma e sorella, di Luthi, del compagno di Davis Lammer e altri amici, nonché del solito pubblico adorante, non può che essere stata l’ennesima soddisfazione. Perché in fondo, win’s a win. Una vittoria è sempre una vittoria. Ma soprattutto, come ha sottolineato Federer stesso durante la cerimonia di premiazione, perché è arrivata contro l’avversario di sempre, finalmente (per noi appassionati almeno, ma siamo sicuri anche per Roger) sfidato dopo quasi due anni dal loro ultimo incontro.
Di sfide tra Federer-Nadal se n’erano già giocate trentatré, ma era dal gennaio del 2014 che i due non si affrontavano, dalla semifinale degli Australian Open. Questa settimana lo spagnolo ha contribuito a realizzare il desiderio del mondo del tennis di assistere quello che è sempre stato denominato come “el clasico” del tennis, e ha scelto di giocare a Basilea, torneo al quale aveva preso parte solo altre tre volte (nel 2003 e 2004, poi direttamente del 2014).
Graziato in semifinale da un Gasquet che ha sprecato occasioni tanto nel primo quanto nel secondo set, in finale Nadal ha messo in campo tutte le sue armi per provare a dare lo spettacolo di un tempo contro Federer.
Dopo un primo set scivolato via veloce e portato a casa da Federer con un doppio break, Nadal è riuscito a portare lo svizzero al terzo set, ma nonostante la pressione dello spagnolo sia aumentata nel corso della partita, non è riuscito a impensierire Federer come in passato. Come a Federer a un certo punto della carriera è toccato perdere quell’aura di imbattibilità che si è portato dietro per anni (e che però, con rare eccezioni, ha ormai pienamente e incredibilmente recuperato) così è toccato a Nadal, e in modo più brusco, per i problemi fisici che l’hanno tenuto lontano dai campi e l’hanno poi restituito irriconoscibile agli occhi dei fan e degli avversari.
Tuttavia, dopo una deludente stagione sul cemento americano, Nadal sta in questa parte di stagione finalmente ritrovando certezze. Dopo la finale a Pechino e la buona semifinale raggiunta a Shanghai, dove ha messo in riga Karlovic, Raonic e Wawrinka, questa settimana Nadal ha raggiunto un altro traguardo importante, e dotato di un alto valore simbolico perché arrivato quando tutti lo attendevano, e in un torneo da anni nobilitato dalla presenza del tennista più vittorioso della storia. Quel Federer che, poco dopo aver alzato la coppa, era già, vassoi alla mano, a distribuire pizza ai raccattapalle, nella ormai tradizionale festa che lo vede protagonista, a ricordare come anche lui abbia fatto parte, anni fa, di quella schiera di ballboys estasiati alla vista dei loro campioni preferiti.
Questa settimana è stata utile, ha detto Nadal, per capire la sua condizione e per testare il proprio gioco. Ora potrà continuare a migliorare e magari chissà, tornare a essere, se non quello di un tempo, comunque un giocatore in grado di mettere costantemente in difficoltà tutti gli altri Top Ten. Questa stagione ormai volge al termine e dopo Bercy, dove si giocano le ultime carte in vista di Londra, andranno in scena le Finals, dove Nadal non sarà certo tra i favoriti, lui che quel torneo non l’ha mai amato neanche negli anni d’oro.
Ma dalla umida Londra di fine novembre all’assolata Melbourne di gennaio il passo è breve. Un nuovo anno di tennis inizierà presto, e Nadal ha tutto il tempo per continuare a lavorare e cercare gli aggiustamenti nel suo gioco che possano permettergli di tornare (o perlomeno avvicinarsi sempre più) ai livelli di un tempo. Soprattutto in attesa dell’amata terra rossa.
Noi non possiamo che augurarci di vederlo al meglio, così come ci auguriamo di poter continuare ad ammirare Federer collezionare altri ottanta novanta cento tornei.
Quando si è conosciuto dei campioni del genere, inutile dirlo, si vorrebbe solo che non smettessero mai.
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