Angelo Mancuso per www.federtennis.it
Dicono sia la città più bella della Siberia meridionale. Addirittura c’è chi la definisce, magari esagerando, la Parigi della Siberia. Ma si sa, “ogni scarrafone è bello a mamma sua”. Irkutsk ospita nel fine settimana la sfida di Coppa Davis tra Russia e Italia valida per la permanenza nel World Group 2016, Nei libri di storia è ricordata per essere stata in passato il luogo d’esilio dei dissidenti politici contro il regima zarista. Ma anche per aver dato i natali nel 1938 a Rudolf Nureyev, uno tra i più grandi danzatori del XX secolo (è scomparso nel 1993 a soli 54 anni) insieme a Nizinskij e Barysnikov.
Irkutsk, che conta poco più di 600mila abitanti, si trova a oltre 5mila km dalla capitale Mosca, nella regione dell’Oblast: una meraviglia della natura che ospita il famoso lago Baikal (si trova a 70 km dalla città e ci hanno girato alcune scene del celeberrimo “Dottor Zivago” con Omar Sharif). Quando la senti nominare puoi pensare solo a una cosa: al gran freddo. E non è che sia sbagliato: sul sito dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale sottolineano che a Irkutsk in soli tre mesi all’anno si hanno temperature medie sopra i 5°C e ben sette mesi praticamente sotto lo zero. Tappa obbligata e fulcro del tragitto della Transiberiana, è situata un area che è punto di incontro di tre diverse etnie: i mongoli dato che siamo in zona di confine, i buriati discendenti delle tribù nomadi che originariamente erano gli unici abitanti della zona, e i russi-europei che nell’area si sono stabilizzati definitivamente soltanto da pochi secoli.
Camminando per Irkutsk la prima cosa che noti è uno strano odore quando passano alcune auto non proprio nuovissime. Non è smog asfissiante, non è la Milano da girare con la mascherina. E’ solo che qui nella lontana Siberia circolano ancora alcuni mezzi costruiti in epoche in cui la benzina verde non esisteva, e addirittura qualcuno che necessita di un carburante degli anni Sessanta che oggi trovi solo in alcuni distributori. Ma Irkutsk non è la povera città orientale in cui vedi solo macchine vecchie e sgangherate. Ci trovi vie esclusivamente pedonali, monumenti, edifici religiosi, fontane, centri commerciali, franchising di catene internazionali, l’università, gli immancabili ristoranti italiani, e, per la serie non ci facciamo mancare niente, pure il ponte coi “lucchetti dell’amore” stile Ponte Milvio a Roma raccontato da Federico Moccia.
Tracce di modernità, ma passeggiando si possono cogliere gli ultimi 100 anni della storia russa, un secolo che ha condizionato nel bene e nel male paesaggi, stili di vita, culture, architetture. A Irkutsk puoi camminare tra negozi di stampo occidentale e aree verdi ben curate, ma puoi pure imbatterti in quello che a prima vista può sembrare l’ingresso di una corte sul retro di un fabbricato residenziale moderno. Invece ti affacci e vedi vecchie e basse casette in mattoni, o capanne in legno. Sembrerebbero edifici ormai abbandonati, invece sono abitati e per quanto possibile pure colorati con grande ironia. Abitazioni che hanno quasi un secolo di vita, e lo mostrano tutto: sembra vengano giù da un momento all’altro. Pare quasi che la città abbia saltato a piè pari mezzo secolo: sembra mancare un passaggio tra quelle monocromatiche casette di legno e gli edifici moderni o ristrutturati di recente. Chiaro il messaggio: tutto ciò è stato realizzato durante l’Unione Sovietica non va toccato. (1824)