ROLAND GARROS : CORREVA L’ANNO 1976
Di Paolo Rossi
Parigi, Roland Garros. Correva l’anno 1976. Da lunedì 31 Maggio a domenica 13 Giugno si giocano i Campionati Internazionali di Francia. I mezzi di comunicazione di massa hanno contribuito a trasformare la già straordinaria kermesse parigina in un evento di portata planetaria e la televisione è ormai presente in ogni abitazione. Sul campo centrale del Bois de Boulogne d’un tardo pomeriggio francese sono in corso i matches di primo turno. In campo c’è Adriano Panatta, alla sua ottava partecipazione al torneo di Parigi e fresco vincitore del torneo di Roma (la cui finale era stata giocata domenica 30 Maggio), opposto al cecoslovacco Pavel Hutka, curioso giocatore bimane che serviva con la mano sinistra ma poi nei colpi di rimbalzo preferiva utilizzare la mano destra. Dopo quasi tre ore di lotta il punteggio è in una fase cruciale e drammatica: 2-6, 6-2, 6-2, 0-6, 9-10 e 30-40. Siamo al quinto e decisivo set e Adriano fronteggia una pericolosa “balle de match” dove tutto sembra perduto. L’italiano è al servizio ma sbaglia la prima palla. Sulla seconda servita in slice Adriano scende a rete. La risposta di Hutka sfiora il nastro e viene rallentata. Panatta è sulla linea di metacampo e attacca con un diritto in demi volee. Hutka alza un pallonetto diretto verso il rovescio e Adriano risponde con la classica veronica incrociata, che però non è vincente. Il cecoslovacco ben piazzato si avventa sulla palla e con uno dei suoi colpi bimani scaglia un cross stretto verso la diagonale di Panatta. Pare l’atto decisivo e Hutka immagina già la gioia vincente della stretta di mano. Ma il match avrà un altro esito. Il romano chiude i varchi e compie un tuffo salvifico. La dea bendata compiaciuta da tanto ardire lo premia. La racchetta trova la palla e trasforma il contatto in una fenomenale volee in lungo linea imprendibile. Balle de match annullata. Adriano resta a terra qualche attimo con gli occhi rivolti al cielo. Con l’aiuto della mano sinistra sistema gli intrecci nelle corde della sua Wip. Poi si alza e sotto l’ovazione del pubblico sorride sornione. Quel punto miracoloso gli indicò la via astrale per chiudere il quinto set per 12-10, superare l’ostacolo e convolare alla vittoria nel torneo da grande campione. Nei turni successivi Panatta infilò uno dietro l’altro il giapponese Kuki 6-3, 6-1, 7-5, il cecoslovacco Hrebec 7-5, 6-3, 6-4, lo jugoslavo Franulovic 6-2, 6-2, 6-7, 6-3, lo svedese Borg nei quarti 6-3, 6-3, 3-6, 7-6, dominò l’americano Dibbs in semifinale per 6-3, 6-2, 6-4 ed infine superò lo statunitense Solomon col punteggio di 6-1, 6-4, 4-6, 7-6 nel giorno della finale. Era il 13 Giugno del 1976. Fu una giornata gloriosa per il Tennis d’Italia di 39 anni fa, l’ultima vittoria azzurra nel singolare maschile al Roland Garros. Chi ha superato gli “anta” si ricorda in maniera indelebile il successo di Panatta che giunse a distanza di 16 anni dal trionfo, doppio, 1959 e 1960, di Nicola Pietrangeli.
Quella “balle de Match” annullata con un tuffo dall’esito incerto ma determinante rese possibile il trionfo di Adriano. Ma oltre al gesto tecnico e all’ardore agonistico dimostrato in quel frangente dal tennista italico possiamo cogliere anche qualche segno dell’umano destino. Oppure del caso. Qualche millimetro di differenza verso l’alto o il basso nel punto d’impatto della palla sul piatto corde e quella palla avrebbe potuto prendere un’altra destinazione: finire larga sul corridoio, concludere la traiettoria sulla rete, o addirittura fermarsi “steccata” sul legno della racchetta. Invece quella candida pallina (all’epoca si giocava con le palle bianche) divenne una volee fantastica che fece balzare tutti gli spettatori del centrale di Parigi in piedi ad applaudire.
È lecito porsi la domanda se tutto sia stato dovuto al caso oppure se fosse già scritto nel destino di quel momento. Tutto ciò fa comunque parte del gioco. Quante volte si sente dire: “Ho vinto per caso, per un niente”. Quindi il caso è qualcosa che può succedere e accade di per sé. Tuttavia anche il destino per definizione esula dalle scelte, grava sulla persona, pare determinarne il percorso obbligato, inscritto in una sorta di DNA temporale. Possiamo anche accettare che in fondo in fine anche il caso abbia voluto giocare un ruolo decisivo su come andò a finire quel match, proprio perché influenzato comunque dalla mappa del destino da giocatore di Adriano Panatta. Quel 1976 doveva essere il suo anno di consacrazione. E così fu. Chapeau.
Nell’immagine la “Coupe Pierre Gillou” che veniva assegnata al vincitore del Roland Garros negli anni settanta.