(Foto AELTC / P.Boren)
da eurosport.it
“Questa volta è diverso, questa volta Djokovic….”. Quante volte abbiamo sentito pronunciare questa frase, completata solitamente dalle più o meno variabili motivazioni di rito. “Questa volta Djokovic è stanco”, oppure “Questa volta Djokovic è infortunato”, o ancora “Questa volta Nole rischia per davvero” e così via dicendo. Eppure, giusto per rimanere nel tema dei “questa volta”, questa volta l’ex n°1 del mondo e recordman assoluto in tante delle classifiche della storia del gioco, si presenta sul serio alla semifinale di Wimbledon con delle incognite. Sì perché questa volta – e per davvero – Novak Djokovic non è stato ancora testato alla distanza, non è ancora stato portato dentro la battaglia.
Battaglia per altro da sempre territorio di conquista del serbo. Lo dice la carriera. Lo racconta ancora meglio la fotografia della bacheca: 24 titoli slam, 7 Wimbledon, record a destra e a manca. Se Djokovic non fosse stato un animale da battaglia, non saremmo di fronte al tennista più vincente della storia del gioco – o il più forte, se siete del partito che la discriminante è fatta esclusivamente dai numeri.
La battaglia però, in questo caso, potrebbe rivelarsi territorio insidioso per il serbo, reduce da una seconda settimana all’All England Club che premetteva scintille e che si è invece configurata fin qui come una piacevole gita di piacere. Holger Rune, che contro di lui si era sempre esaltato, si è fatto piccolo piccolo sotto il tetto del centrale, in una serata di ottavi di finale in cui il danese è diventato sol boccone per il cannibale di Belgrado. Due ore e cinque minuti per cucinare, mangiare e digerire la pratica. Il resto, per Nole, sono stati giorni di ozio. Sì perché dei quarti di finale non vi è stata traccia causa ko di un de Minaur che si prometteva sulla carta come avversario tostissimo se non altro sul piano fisico… Ma il ‘crac’ sull’ultimo punto contro Fils ha aperto la strada, a Nole, del divano di casa. E così, quel che resta di Djokovic, fin qui, è un sostanziale punto di domanda. Una complicata prima settimana in cui anche i modesti Fearnley e Popyrin si erano palesati come avversari insidiosi; poi, appunto, quel battito di ciglia del match con Rune: un buon Djokovic, certo… Ma anche un Rune presente sul serio solo per un set. Quello in mezzo. Prima e dopo una presenza irrilevante ai fini della risposta alla nostra domanda. Sì perché in tanti, qui a Wimbledon e non solo, continuano a porsi la più banale – ma anche più sensata – delle questioni: che Djokovic sarà sul serio?
L’operazione chirurgica di 37 giorni fa è completamente alle spalle, o dentro la battaglia – anche a fronte dei tentennamenti della prima settimana – effettivamente qualcosa dovrà concedere?
Questa risposta spetta soprattutto a Lorenzo Musetti. La semifinale di oggi rappresenta una seria opportunità per il carrarino, che nei due precedenti slam con Nole è sempre riuscito a portare il serbo in quel territorio di lotta che tanti tifosi italiani si augurano di poter vedere anche oggi. I due set di vantaggio a Parigi nel 2021; ma soprattutto le ore piccole fatte qualche settimana fa, al Roland Garros 2024. Ecco, Musetti, per avere una chance contro il più forte – dati alla mano – su questo campo, dovrà provare a spingersi lì dentro. In una sorta di contrapposizione a ciò che in fondo, fino a qualche tempo fa, in tanti chiedevano a Lorenzo: di essere più aggressivo, di prendersi qualche rischio in più. Al contrario, Musetti – che fisicamente è apparso scintillante in questo Wimbledon, assai più del suo tennis – dovrà provare a portarla dentro all’apparente paradosso: lavorare Djokovic ai fianchi, andare per le lunghe, trascinare la partita in quella lotta dalla quale solitamente alla fine esce vincitore sempre il serbo… Ma in cui oggi, per le circostanze di cronaca appena citate, non possiamo essere certi l’esito sia il medesimo di sempre. Questa la strategia. Scambiare, variare, remare e lottare. Ancora e ancora. Fin quando Nole non avrà dato risposta ai dubbi intorno alle sue condizioni fisiche.
Perché “questa volta è diverso” e lo è per davvero. Se poi Djokovic saprà venirne fuori come molto spesso ha fatto in carriera, beh, allora, per l’ennesima volta, ci leveremo il cappello davanti al più grande. Non
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