Vincenzo Martucci per La Gazzetta dello Sport
La partita è appena cominciata. Il presidente Fit, Angelo Binaghi, parte deciso in difesa del tennis italiano: «Visto il grave danno d’immagine che comunque ci è stato arrecato ci siamo dichiarati parte lesa dagli eventuali reati commessi sia da nostri tesserati che da terze persone». Anche se il distinguo col calcio è evidente: «Se l’inchiesta dovesse confermare quanto sembra trasparire dalle intercettazioni pubblicate si tratterebbe di illeciti da considerare gravissimi ed intollerabili, commessi nell’ambito di eventi internazionali, dunque non organizzati né gestiti da noi». Forte è la preoccupazione del numero 1 del tennis italiano per certi atleti della nazionale: «Speriamo che per marzo, quando giocheremo il primo turno di coppa Davis la situazione si sarà chiarita. Oggi come oggi convocherei Daniele Bracciali che è tante volte richiamato nelle intercettazioni incriminate? Lui stesso, che ultimamente è stato chiamato soltanto da riserva, rinuncerebbe, credo, perché un giocatore non può trovare la serenità per giocare a questi livelli, con accuse così pesanti. Ma la mia preoccupazione va soprattutto allo stato d’animo e all’attività di giocatori tirati in ballo in questa storia per millantato credito».
Il riferimento ai titolari di Davis, Simone Bolelli ed Andreas Seppi, chiamati in causa da terzi, trova l’altoatesino molto reattivo, da Mosca, dove sta giocando il torneo Atp: «Quando ho visto i giornali per me è stato uno shock per tutta la storia e mi sono arrabbiato perché è coinvolto il mio nome. Ma io non c’entro niente e non ci sono mai entrato in queste storie. Nè ne ho sentito mai parlare. Quando il discorso è venuto fuori, fra di noi, ho sempre detto: “Se qualcuno mi offre di falsare un match, vado all’Atp e lo denuncio”. Ma nessuno mi ha mai parlato di niente. Perciò, pur infastidito perché il mio nome è stato tirato in ballo solo perché qualcun altro parla di me in una chat — ma non posso farci niente — , mi sento tranquillo, tanto che ho vinto la mia partita con Dodig, proprio come dovevo vincere». Possibile che Seppi non abbia scambiato due chiacchiere sulla storiaccia con Bracciali, anche lui impegnato a Mosca, ma in doppio? «Non c’è stato modo, quando io entravo in campo, lui ne usciva. L’ho visto solo un minuto. Ma certo è una faccenda da spiegare meglio». Possibile che in tutti questi anni di professionismo e con già alcuni colleghi italiani indagati e condannati nell’inchiesta dl 2007, non abbia mai sentito parlare di scommesse e partite truccate? «No, mai, sono stupito, mai sentito niente da nessuno», insiste.
Il presidente Binaghi puntualizza: «Il “Club Italia” è nato proprio a ridosso di quelle squalifiche del 2007 perché i ragazzi cominciassero ad avere riferimenti più seri, come Corrado Barazzutti e Sergio Palmieri, ed avessero delle regole certe di comportamento. E, dopo quel brutto caso del 2005 di qualcuno che chiedeva 100 mila euro perché i giocatori vestissero la maglia azzurra, i nostri valori sono oggi talmente saldi che la Federazione internazionale ci cita ad esempio per la massima rappresentanza in Davis come in Fed Cup. In questi 7 anni abbiamo fatto grandi progressi». Il problema, come sa bene il presidente Fit, non sono i primi del mondo e i tornei più importanti «lì i livelli sono così elevati da evitare qualsiasi pericolo di combine». (992)