(Foto AELTC – Keogh)
da supertennis.tv
Wimbledon – L’analisi del capitano azzurro di Coppa Davis sul momento di Jannik Sinner e le chiavi tattiche della semifinale a Wimbledon contro Novak Djokovic. Rivincita o missione impossibile? Jannik Sinner ritrova Novak Djokovic a Wimbledon un anno dopo il quarto di finale di un anno fa. Stavolta il match vale l’accesso in finale. In caso di successo l’altoatesino, capace di vincere i primi due set dodici mesi fa, sarà il secondo italiano dopo Matteo Berrettini in finale a Wimbledon.
Djokovic, invece, punta alla 35ma finale Slam in carriera. La sfida è anche una sfida generazionale senza precedenti in una semifinale a Wimbledon nell’era Open: tra il serbo e Sinner, infatti, intercorrono 14 anni e 86 giorni. Sinner affronta un Top 10 ai Championships per la terza volta in carriera. Quest’anno è diventato il primo giocatore dal 1995, dopo Boris Becker e Pete Sampras, a raggiungere la semifinale senza battere nemmeno un Top 50. Provare a battere Nole, che alla vigilia di questa edizione poteva vantare più successi a Wimbledon di tutti gli altri Top 20 messi insieme, è la sfida che misura le ambizioni di grandezza. E’ dura, ma si può fare. Le chiavi per l’impresa? Le abbiamo chieste a Filippo Volandri, capitano azzurro di Coppa Davis.
La soddisfazione per il risultato raggiunto: “Orgoglio è la parola giusta. E motivo d’orgoglio per me, per noi e per l’Italia avere un giocatore in semifinale. So quanto lavoro c’è dietro a questo risultato“.
Una delle chiavi del match che lo attende: “Io credo che Jannik, come il suo team, ripartiranno dalla partita dell’anno scorso, prendendo quello che ha funzionato e ovviamente modificando qualcosa. Io credo che la chiave sia un po’ sulle diagonali, il primo che si toglierà dalla diagonale di rovescio magari con un rovescio lungo linea potrà trarne vantaggio“.
Il giudizio sul gioco espresso dal numero uno del tennis azzurro sull’erba: “E’ impressionante quanto Sinner si sia abituato velocemente a questa superficie, soprattutto l’anno scorso. All’inizio faceva proprio fatica a camminarci sull’erba, l’avevamo visto a camminare un po’ sulle uova. La sua rapidità nell’adattarsi alla superficie è stata impressionante“.
(1734)