A.Mastroluca per supertennis.tv
Melbourne – Jannik Sinner ha giocato un gran match contro Shapovalov. Ha perso al quinto set l’incontro più lungo della sua carriera, dopo averne giocati cinque negli ultimi cinque giorni. Anche la spagnola Muguruza aveva giocato una finale ieri. Avrebbe dovuto scendere in campo oggi ma le è stato concesso di debuttare domani. Perché a Sinner no?
Affrontare Sinner, oggi, non è uno scherzo per nessuno. Nemmeno per Denis Shapovalov, n.12 del mondo, che impiega tre ore e 55 minuti per battere il nuovo numero 3 azzurro, reduce da cinque partite negli ultimi cinque giorni. Al contrario, quando nell’intervista a caldo dopo la partita usa l’espressione “non è uno scherzo” per parlare del prossimo match contro Bernard Tomic, il pubblico australiano scoppia a ridere.
“Questo è un percorso duro. Deve essere duro. E, più duro è, meglio è per lui” diceva Riccardo Piatti nell’intervista di Enzo Anderloni alla vigilia del match. Sinner, già oggi, è duro abbastanza per sentirsi a casa fra i grandi in questo percorso. Ma è impossibile non chiedersi cosa sarebbe successo se questo incontro si fosse giocato nella seconda giornata del torneo.
Provato dalla maratona della scorsa settimana, chiusa con il secondo titolo ATP in carriera, Sinner ha appena costretto il numero 12 del mondo a tirar fuori il meglio per emergere.
Shapovalov ha chiesto un medical timeout nonostante fosse l’azzurro il più stanco dei due, ha servito perfino due volte da sotto. Le ha dovute provare tutte per battere un Sinner con testa e letture da campione vero.
Nei primi due set gioca evidentemente meglio di Shapovalov, anche se il punteggio non lo premia. Il canadese ha un’arma che funziona più di tutte, il servizio da sinistra contro che nella prima metà del match direziona contro il dritto dell’azzurro.
Sinner, via via più stanco, ha la qualità dei campioni, quella che più di tutte fa la differenza fra i vincenti e gli altri, come dice più volte Julio Velasco, ex tecnico da record della nazionale italiana di pallavolo e punto di riferimento del pensiero sportivo tutto. Non cerca alibi, ma risolve problemi. E dà sempre il massimo. Il suo massimo, sempre. Quando può dare dieci, dà dieci. Quando può dare sei, dà sei. Mai di meno.
Nel corso della partita ha cambiato posizione in risposta da sinistra, si è messo più dietro e indotto così l’avversario a variare la direzione dominante. Il numero 12 del mondo ha iniziato a servire a uscire, con meno velocità ma una traiettoria più estrema per cercare poi la chiusura col dritto lungolinea.
Sinner ha rimesso in piedi così un quarto set che sembrava compromesso e nel finale ha guadagnato anche la palla break del possibile 5-5 nel quinto. Tatticamente ha fatto scelte brillanti, mature. Ha attaccato di dritto contro il rovescio dell’avversario, ha mirato all’angolo destro per aprirsi il campo e al sinistro per i colpi da ko. Non ha avuto timore di scendere a rete, nemmeno in punti delicati.
Shapovalov, dal canto suo, ha avuto il grande merito di non lasciarsi andare alla ricerca della bellezza effimera, del colpo da antologia o da copertina da isolare. Anche quando Sinner gli ha tolto la sensazione di controllare il campo e la partita, si è messo a lottare, ad aspettare, a difendere se necessario. Il lungo scambio con cui si è guadagnato il primo match point è il manifesto di un nuovo Shapovalov, flessibile oltre che flessuoso. Non più solo l’artista dei rovesci al salto che sfidano la gravità. Pensoso e leggero insieme.
La gestione della mente e del corpo di Sinner rimane straordinaria. A maggior ragione oggi che ha giocato la partita più lunga della sua carriera. Dalle sconfitte si impara, dalle esperienze condensate in quattro ore così, anche di più.
Sinner non ha cercato alibi, e non vogliamo certo farlo noi per procura. Però stona, per lui e per Stefano Travaglia sconfitto all’esordio da Frances Tiafoe, il privilegio concesso a Garbine Muguruza. La spagnola, battuta ieri da Ashleigh Barty in finale, è inserita nella metà di tabellone scesa in campo oggi.
Ma le è stato concesso di giocare domani, così come alla sua potenziale avversaria di secondo turno, che uscirà dalla sfida tra Paula Badosa e Ludmilla Samsonova. Non è da escludere che la decisione sia dipesa dallo stato particolare di Badosa, unica giocatrice positiva al Covid-19 a Melbourne.
Per qualunque motivo, comunque, sia stato deciso di concedere un privilegio, di creare una differenza, di derogare dalla regola, si è stabilito un precedente. Con questa decisione, Tennis Australia ha detto: si può fare. E allora la domanda nasce spontanea: perché si può fare solo per qualcuno e non per tutti?
Peraltro, Sinner e Travaglia, come Muguruza e Barty, hanno giocato la finale di un torneo che si è disputato a Melbourne Park, sotto l’ombrello delle cosiddette “Melbourne Series”, e sempre sotto l’egida di Tennis Australia. Estendere l’eccezione, peraltro, avrebbe garantito uno spettacolo tecnico ancora più alto a quello che lo stesso CEO della Federtennis australiana aveva definito “il primo turno più eccitante” di tutto l’Australian Open, compresi i singolari femminili. (522)