Finale : J.Sinner(ITA) b. A. de Minaur ‘AUS) 42 41 42
Jannik Sinner conquista con autorità il titolo NextGen superando in finale l’australiano Alex de Minaur 18 del mondo e vincitore quest’anno di tre tornei. L’altoatesino ha comandato il match dal primo scambio all’ultimo attaccando senza respiro su ogni palla. Sembra incredibile che Jannik sia ancora 95, ma la scalata sarà rapida. E’ incredibile la velocità di braccio del diciottenne allenato da Riccardo Piatti. Ben piazzato dentro il campo ha bombardato di dritti e rovesci vincenti il povero de Minaur che remava due metri fuori dalla linea di fondo. Jannik è un giocatore che se non lo si attacca ruba il tempo e impone lo scambio. De Minaur è riuscito a ribaltare la dinamica del gioco solo una volta sul suo servizio. Poi Sinner ha ripreso il pallino in mano ed è volato verso il primo prestigioso titolo.
L’inizio del match è molto incoraggiante: l’equilibrio è assoluto. Jannik tiene bene i suoi turni di servizio e recupera con sicurezza quando si trova in svantaggio. Il primo a inserire negli scambi la variante in back, per uscire dal ritmo ossessivo degli scambi di piatto da fondocampo è il n.18 del mondo, non il 95. E siamo solo sul 3-2 del primo set.
Il gioco successivo è uno schiaffo alle gerarchie: Sinner strappa “a zero” il servizio all’australiano sparandogli in faccia due risposte alla prima di servizio. Di diritto da destra, di rovescio da sinistra. ‘Demon’ le vede arrivare come proiettili che può solo provare a parare. Senza riuscirci. E il primo set è a Casa Italia.
Difficile provare paragoni recenti per il boato dei 5.000 dell’Allianz Cloud, tutto esaurito, dalla tribuna Autorità dove con il presidente della Fit Angelo Binaghi siede anche la sindaca di Torino Chiara Appendino a tutto il mondo degli appassionati che comprende la famiglia di Sinner (mamma Siglinde, papà Hans Peter, il fratello maggiore Mark) e quella di Riccardo Piatti (la moglie del coach Gaia e il figlio Rocco che in questi giorni ha fatto da sparring a Jannik).
Un giocatore italiano che mettesse così tutti d’accordo, innamorati all’unanimità, è difficile da ricordare. Di certo potrebbe succedere a Matteo Berrettini che però non ha avuto ancora l’occasione di godersi il palcoscenico di una finale così sul territorio italiano.
Il pubblico gioca la partita con Sinner. Si capisce che è un pubblico tennisticamente colto, perché coglie i momenti delicati e incoraggia. Sa apprezzare le giocate di qualità ed esplode.
Jannik, va detto, sembra fare apposta a far salire la pressione. Strappa subito la battuta all’avversario nel secondo set ma quasi si diverte a dare il brivido della palla break da annullare. Gli capita ripetutamente e ogni volta tira fuori il coniglio della giocata ad effetto dal suo cappellino con visiera. Può essere un ace. O un dirittone perentorio. I milanesi fanno sempre “ooh” e lui agita il pugnetto guardando il suo angolo con gli occhi a feritoia. Fa paura anche a un Demon.
Le palle break deve salvarle anche quando serve sul 3-1 e mette in rete una volée deliziosa che avrebbe chiuso in gloria uno scambio da apnea generale. Sul 30-40, ecco di nuovo il servizio vincente e il diritto assassino. Dopo 47 minuti siamo 2-0 Italia. E ci diamo un pizzicotto, giusto per capire se è sogno o realtà.
Quanto sia tutto vero ce lo dice l’incredibile boato dell’Allianz Cloud alle 22.15 in punto che celebra il match-point.
Sinner è da sogno. De Minaur ha raccolto solo 5 giochi. Ha resistito un’ora e 4 minuti. E’ l’australiano che da domani dovrà provare ad alzare l’asticella dove Sinner l’ha portata, troppo in alto per lui. Pazzesco. Meraviglioso.
Milano saluta il primo titolo di un probabile campionissimo. Non è la prima volta che lo fa: è già successo, nell’allora Palalido, 18 anni fa. Era il 2001. Quello con il trofeo in mano si chiamava Roger Federer. (620)