(Foto Patrick Boren)
da supertennis.tv
Berrettini giocherà le ATP Finals di Londra in singolare dopo Panatta nel 1975 e Barazzutti che, nel gennaio 1979, partecipò all’evento conclusivo dell’annata ’78. Non vinsero però alcuna partita. L’unico match vinto nel torneo da maglie azzurre è ascritto alla coppia Fognini e Bolelli, tra le migliori otto a Londra nel 2015
Un premio per la sua splendida stagione, un premio per l’Italia. Dopo quarantun anni, un azzurro torna tra gli otto migliori giocatori dell’anno, i “masters”, i maestri di quelle che ora si chiamano ATP Finals. Nell’edizione che farà preludio all’inizio dell’era di un’italiano, Andrea gaudenzi, alla presidenza dell’Atp, Matteo Berrettini rinnova la storia del tennis italiano.
Le due precedenti esperienze in singolare, di Adriano Panatta e Corrado Barazzutti, i soli due azzurri entrati tra i primi 8 nell’era del ranking computerizzato, si erano chiuse senza successi. L’unica vittoria, finora, resta quella centrata in doppio da Fabio Fognini e Simone Bolelli nell’ultima giornata del round robin delle Atp Finals 2015 contro l’indiano Rohan Bopanna e il rumeno Florin Mergea.
L’esperienza di Panatta a Stoccolma
Adriano Panatta aveva partecipato all’edizione 1975, alla Tennis Hallen di Stoccolma. E perso all’esordio 6-4 7-6 contro lo spagnolo Manuel Orantes dopo essere stato sopra 4-1 nel tiebreak.
Ma quel 30 novembre tutti parlano della doppia squalifica di Arthur Ashe e Ilie Nastase, nello stesso girone dell’azzurro. Il rumeno, che fuori dal campo è un grande amico del primo campione nero nel singolare maschile di Wimbledon, continua a provocarlo per tutta la partita.
Finché sul 4-1 15-40 nel terzo set per quattro volte finge solo di servire, e ogni volta grida: “Are you ready, mister Ashe?”, “Sei pronto adesso, mister Ashe?”. Mister Ashe, stanco di quel teatrino, rimette le racchette nel borsone e se ne va. L’arbitro, il tedesco occidentale Horst Klosterkemper, squalifica Nastase perché ha perso troppo tempo. Almeno per 24 ore, perdono tutti e due.
Il giorno dopo, però, dopo una riunione di quattro ore con gli organizzatori e il presidente della federazione internazionale, Ashe ottiene la vittoria. Batte poi Panatta 7-6 6-3 e si assicura un posto in semifinale. Nell’ultimo incontro Nastase riscatta la sconfitta subita al Roland Garros e vince 7-6 3-6 6-0. Arriverà in finale e conquisterà il titolo dominando Borg in un’oretta, rovinando anche i piani della televisione svedese che ha programmato una lunga diretta.
Nel 1978, Barazzutti centra il best ranking di numero 7 che premia la continuità di rendimento e chiude la stagione da numero 10 anche se non alza trofei. Gioca due finali, a Las Vegas e Bastad, e dodici semifinali, compresa quella persa al Roland Garros contro un Borg dominante.
“Entrare tra i primi otto del mondo e giocare il Masters è uno degli obiettivi più importanti per un tennista insieme agli Slam – spiega l’attuale capitano azzurro di Coppa Davis -. Esserci è sempre una grande soddisfazione. Poi quell’anno si giocava al Madison Square Garden: un’emozione di quelle che lasciano il segno. Scendere in campo in quell’impianto è stato un momento di shock potente, di stordimento. È stata una gran bella esperienza, tra l’altro quella settimana lì ci fu anche un bel concerto di Neil Young”.
Barazzutti al Madison Square Garden
Il Masters del 1978 è collocato in maniera anomala in calendario, nel gennaio del 1979.
“Non era esattamente comodo, anche se in fondo sarebbe stato scomodo anche se si fosse giocato a fine stagione”, aggiunge Barazzutti. “La collocazione non era delle migliori, ma c’erano difficoltà a mettere insieme le date giuste considerato che c’erano i tornei ATP e il circuito WCT, oltre agli Slam: tante entità che portavano a qualche difficoltà organizzativa. Noi giocatori venivamo da un periodo molto intenso di tennis, io avevo dovuto faticare parecchio, avevo giocato fin quasi all’ultima settimana per qualificarmi, quindi sono arrivato un po’ stanco. E non mi sono espresso al massimo”.
I campi, inoltre, sono molto veloci e questo non lo aiuta. Barazzutti affronta all’esordio Eddie Dibbs, che ha incontrato due volte nel 1978 (una vittoria e una sconfitta). Lo statunitense, arrivato al numero 5 del ranking a luglio di quell’anno, è terzo nella classifica per i migliori risultati nei tornei del Grand Prix, ma si prende il bonus di 300 mila dollari perché Borg e Connors non hanno preso parte al numero minimo di eventi previsto dal regolamento. Dibbs, semifinalista quell’anno al Roland Garros e capace di battere Jimmy Connors in finale a Londra sul tappeto indoor, vince 6-4 6-4.
Barazzutti gioca più aggressivo il secondo match contro Brian Gottfried. “Con lui ho vinto tre volte su quattro, anche su campi veloci, perché contro di lui mi trovo molto bene”. Il primo set, scandito da quattro break, si chiude con un tie-break lottato. Il rovescio a rete dell’attuale capitano azzurro di Coppa Davis sull’ultimo punto di fatto decide la partita. Barazzutti ha sconfitto Gottfried tre volte su quattro incontri nel 1978 ma cede il servizio in apertura di secondo set: finisce 7-6 6-4. “Ha sbagliato poco, ha servito bene e non sono più riuscito a fargli il break”, commenta Corrado a fine partita.
Il girone si chiude contro il messicano Raul Ramirez che ha vinto sei game nelle prime due partite del round robin. Barazzutti non l’ha mai battuto nei due precedenti sulla terra rossa, ma prende il comando del gioco e chiude in scioltezza il primo set.
Nel secondo, però, Corrado perde il servizio nel primo turno di battuta. Ramirez completa il secondo break del torneo e porta il match al terzo.
Barazzutti cede due break nei primi due game di servizio, dimezza lo svantaggio nell’ottavo game e salva un match point prima di accorciare 4-5. Ramirez però vince gli ultimi quattro punti, chiude 3-6 6-3 6-4 e salva la faccia.
Il Masters lo vincerà un giovane John McEnroe contro Ashe, all’ultima partecipazione, che ha dominato nel round robin. SuperBrat ribalta il terzo set da sotto 1-4, arriva a un punto dalla sconfitta ma completa la rimonta 6-7 6-3 7-5 e si gode il primo grande successo della sua carriera.
“McEnroe aveva già dato segni del suo grande talento e del suo enorme potenziale” – ricorda il capitano azzurro di Coppa Davis – era lanciato a diventare uno dei migliori del mondo. Era in un momento di grande crescita, stava esplodendo”.
Fognini e Bolelli, la prima vittoria italiana
Proprio ad Arthur Ashe e all’amico Stan Smith è intitolato il girone delle ATP Finals di doppio del 2015. Ci sono anche Simone Bolelli e Fabio Fognini, che hanno inaugurato la stagione con il primo titolo Slam per una coppia italiana nella storia del tennis maschile dal 1959, dai tempi del trionfo di Nicola Pietrangeli e Orlando Sirola al Roland Garros.
La semifinale di Parigi, battuti dai gemelli Bryan, le tre finali Masters 1000 a Indian Wells (sconfitti da Pospisil/Sock), Monte-Carlo (fermati ancora dai Bryan) e Shanghai (sconfitti da Klaasen/Melo) impreziosiscono la stagione che si chiude con un piccolo pezzo di storia del tennis azzurro alla O2 Arena.
La differenza, nel round robin, la fa la sconfitta per 11-9 al super tie-break contro Jamie Murray e John Peers nella prima giornata.
La seconda, contro i Bryan, anche alla luce dei precedenti stagionali, rimane più prevedibile. Ma nell’ultima partita, Bolelli accende l’Arena con un gran dritto sul match point. Gli azzurri battono 6-4 1-6 10-5 in un’ora di gioco, l’indiano Rohan Bopanna ed il rumeno Florian Mergea, già qualificati per le semifinali.
È la prima vittoria italiana al Masters ATP. Commovente e non scontata la dedica che Fognini lascia sull’obiettivo della telecamera: a Parigi e Valeria Solesin, la giovane ricercatrice veneziana rimasta uccisa durante l’attentato al Bataclan del 13 novembre 2015, pochi giorni prima. Il volto dell’Italia che crede all’Europa e si apre al mondo.
Ora il testimone passa a Matteo Berrettini: a lui scrivere le prossime pagine della nostra storia tennistica. Ha solo 23 anni e, quindi, un sacco di tempo a disposizione. (723)