da supertennis.tv
Secondo il primo rapporto globale dell’ITF, nel mondo ci sono 87 milioni di giocatori di tennis: 22 solo in Cina, la nazione guida.
Per la prima volta l’ITF, la federazione internazionale, pubblica uno studio che fotografa lo stato del tennis nel mondo. L’ITF ha raccolto online i dati di 195 nazioni, forniti dalle federazioni nazionali attraverso il National Association Development Plan e il Global Participation Survey, da cui emerge che il numero di giocatori raggiunge gli 87 milioni, l’,17% della popolazione mondiale. Gli appassionati di tennis si distribuiscono in 71.263 mila club in 32 nazioni e 489.135 campi nel mondo: per ogni club, ci sono 41.006 persone o 771 praticanti. I giocatori possono contare su 164 mila maestri e coach: uno su cinque è donna.
“Abbiamo fornito un’immagine completa del gioco del tennis nel mondo” ha detto il direttore esecutivo dello sviluppo del tennis per l’ITF, Luca Santillli. “Questo rapporto guiderà il modo in cui prenderemo le decisioni future e il nostro approccio agli investimenti per far crescere il nostro sport nel mondo”. Quello degli imvestimenti è un aspetto chiave perché il rapporto, dall’attività di base alla partecipazione negli Slam, fa emergere chiaramente le disuguaglianze di genere e di provenienza che indirizzano, condizionano le opportunità di sviluppo delle carriere.
Il tennis è uno sport globale ma non uno sport per tutti. Il 99% degli 87 milioni di giocatori, infatti, si concentra in sole 31 nazioni tra Nord America, unica area con più donne che uomini praticanti, Europa e Asia.
Il 22,5% dei giocatori, infatti, si trova in Cina (19.673.497) e il 20,7% negli Stati Uniti (18.080.000). Seguono poi India (9,2%, 8.000.000), Germania (7%, 6.100.000), Gran Bretagna (6,1%, 5.300.000). Se però si guarda al numero di praticanti sul totale della popolazione, la maggiore concentrazione si registra in Oceania dove giocano a tennis 6,2 persone su cento, quasi il doppio rispetto a quanto avviene in Europa. L’Italia, che conta 2 milioni di giocatori, è la seconda nazione per numero di coach e maestri: l’ITF ne registra 12.741.
Il rapporto descrive anche la distribuzione dei circoli tennis. Se ne trovano 17 ogni 100 negli Usa, la nazione con la più elevata presenza di club sul totale davanti alla Germania (12,9%) e alla Francia (10,9%). In termini più generali, c’è un campo da tennis ogni 178 giocatori: un quarto di questi sono concentrati tra Usa (15.8%) e Cina (10.2%).
Il rapporto fotografa anche la realtà del tennis professionistico. I dati, che si riferiscono al 2017, raccontano di 3.783 giocatori in classifica e di 6.382 junior nei rispettivi ranking. Il tennis si rivela uno sport sempre più euro-centrico: due anni fa, infatti, arrivava dall’Europa il 44% degli junior classificati e il 59,2% dei tennisti che sono entrati nei ranking ATP o WTA.
Anche se la nazione con più giocatori presenti in classifica, da junior e da pro, erano gli Stati Uniti. È significativo, però, che l’Italia sia terza per rappresentazione nelle classifiche ATP e WTA dietro alla Francia. Da allora, la situazione è cambiata di poco. Questa settimana gli Usa portano 21 giocatori nel ranking ATP, dietro solo a Francia e Spagna (22) ma dominano la classifica WTA con 32 giocatrici tra le prime 250, dieci in più della Russia, seconda (22). L’Italia, che ha festeggiato il nuovo best ranking di Jannik Sinner qualificato per il secondo turno ad Anversa, vanta 18 rappresentanti tra gli uomini e solo sei tra le donne.
Dal punto di vista anagrafico, il tennis mostra un’evidente spaccatura di genere. Nel 2017, anno a cui si riferiscono i dati, il 60,4% dei giocatori nella top 500 ATP avevano più di 25 anni, mentre il 57,9% delle giocatrici tra le prime 500 del mondo ne avevano meno di 25. Cambiano la tipologia, il livello di competitività, per emergere servono tempi e qualità differenti.
Non a caso, sono molte di più le ragazze, tra le giocatrici entrate in top 100 da junior tra il 2003 e il 2012, ad essere arrivate tra le prime 100 WTA nel 2017, rispetto a chi ha compiuto lo stesso percorso tra gli uomini (21% contro il 12%). Le ragazze, poi, ci arrivano prima. Per passare dalla top 100 junior alla top 100 WTA servono in media 222,6 settimane, per lo stesso percorso nel ranking ATP ne occorrono poco più di 300.
Il rapporto dell’ITF fotografa una tendenza già in atto: i top 100 e le top 100 sono sempre meno giovani, anche se la differenza di età si fa sempre più evidente. Come sottolineava la rivista Tennishead alla fine del 2018, trent’anni fa nelle classifiche di fine stagione l’età media dei primi 100 ATP era di 23,74 anni, quella delle prime 100 WTA di 22,56. Nel 2018, erano rispettivamente di 28,26 e 25,8 anni. Il tennis, soprattutto maschile, è uno sport per “anziani”: nel 1993 c’erano quattro over 30 nella top 100 ATP di fine anno, nel 2017 erano 42.
Tuttavia, una volta conquistato il primo punto ATP o WTA, il tempo medio necessario per raggiungere la top 100 è simile: 259 settimane per le donne, 262 per i maschi. Ovvero, servono in media cinque anni perché un giocatore professionista possa pensare di arrivare in top 100, che vuol dire grosso modo la classifica per non andare sotto nel bilancio tra entrate e spese. Un lusso che in tanti non si possono permettere. Anche per questo gli europei, i nord-americani, i giocatori che nascono in Paesi più ricchi e tennisticamente più strutturati hanno decisamente maggiori possibilità di raggiungere questo livello di classifica.
Il futuro di ogni disciplina dipende dalla capacità di conservare e allargare la base di praticanti. Il tennis ha fatto grandi passi avanti, ma dal rapporto emerge ancora l’immagine di uno sport che potremmo definire borghese.
Più della metà dei praticanti è concentrata in tre nazioni (Cina, Usa e Germania) che rappresentano le principali potenze economiche dei continenti di riferimento per il mondo contemporaneo: l’Asia, il Nordamerica, l’Europa, in ordine di tennisti e non solo. L’ITF sostiene l’accesso alla pratica sportiva nelle aree in via di sviluppo attraverso un fondo co-finanziato dai quattro tornei dello Slam. Negli ultimi anni, la federazione ha investito oltre 11 milioni di dollari l’anno per questo programma che si articola in cinque aree di intervento (eventi, prestazione, partecipazione, insegnamento, strutture). Il rapporto dimostra da un lato i progressi ottenuti, perché anche i soli 100 praticanti nel Ciad, ad Aruba o in Belize, i 200 a Gibuti o i 250 in Mauritania sono un successo per il tennis. Ma racconta anche che di strada da fare ce n’è ancora per estendere l’accesso alla pratica sportiva, anche nelle nazioni guida per il tennis nel mondo, e l’istruzione dei maestri. Così si costruisce il futuro dello sport. (439)