da supertennis.it
Jannik Sinner approda al tabellone principale degli Us Open, quarto ed ultimo Slam della stagione che comincera’ lunedi’ prossimo sui campi in cemento di Flushing Meadows, a New York. L’azzurro, numero 24 del tabellone, si e’ imposto per 7-6(1) 6-0 sullo spagnolo Mario Vilella Martinez.
Super Jannik Sinner. L’azzurro, il più giovane nelle qualificazioni, si qualifica per il main draw grazie al 76 60 sullo spagnolo Vilella. La partita ha messo in mostra, se mai ce ne fosse bisogno, la compostezza da progetto di campione dell’azzurro. Sinner infatti subisce il break quando serve per il set sul 5-4, racconta su Twitter la collega Remi Abulleil, con doppi falli annessi. Ma domina il tiebreak 7-1, stampa anche una gran risposta su un servizio da sotto dell’avversario. E veleggia in un secondo set senza storia. Diventa così il primo classe 2001 nel main draw di uno Slam.
Riuscirci nell’epoca dei Fab 3 che ben oltre i trent’anni continuano a monopolizzare i titoli dei grandi tornei e a spostare in avanti il tempo del ricambio generazionale, è una dichiarazione di intenti. Un’occhiata oltre il confine, al di là del muro. Erano oltre trent’anni, dai tempi di Diego Nargiso a Melbourne nel 1988, che non si vedeva un italiano così precoce debuttare in un major. Al primo turno Sinner affronterà Stan Wawrinka, epifania possibile di un passaggio di tempo, di un’accelerazione della storia. Federer, invece, inizierà con Nagal: quando lo scarto di una consonante fa tutta la differenza del mondo.
Sinner è passato in cinque mesi dai successi nei Future alla prima esperienza nel main draw di uno Slam, regalo perfetto per i diciotto anni appena compiuti. La sua è una precocità naturale, senza i vezzi o le incertezze, almeno finora, che si accompagnano a chi raggiunge traguardi superiori a quel che l’età farebbe presupporre.
Il suo senso per il gioco e per il colpo, la coordinazione e la decontrazione che lo portano a colpire nel punto e nel momento giusto con un feeling fiducioso, rappresentano il vero valore aggiunto dell’alto-atesino. Impara in fretta, Sinner. Non si esalta dopo le vittorie, non si lascia condizionare dalle sconfitte. E nemmeno dagli errori, dai momenti difficili, dai passaggi a vuoto che accompagnano ogni percorso di crescita che si definisce necessariamente per prove ed errori. Ha il coraggio di osare e di provare, di considerare la partita anche come una prosecuzione dell’allenamento. Non perde di vista l’obiettivo di lungo periodo, essere il tipo di giocatore che vuole diventare, mentre insegue il traguardo immediato, il successo nel match, il passaggio del turno. O nel main draw dello Us Open.
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“Sarà un inizio totalmente nuovo, nella vecchia New York. Se posso farcela qui, ce la farò dappertutto. Dipende solo da te”. La storia di Sinner si sviluppa e si distende come le parole di Frank Sinatra. Spargete la voce, vuole essere parte di tutto questo. Vuole svegliarsi nella città che non dorme mai, prendersi un posto nella storia nella collina delle ceneri del Grande Gatsby.
Vilella, spagnolo che di fronte alle pressioni da competizione ha scientemente deciso di contenere gli obiettivi e le ambizioni in nome di una serenità olistica, è un giocatore da terra battuta consapevole di avere di fronte un avversario più giovane, ma giù decisamente più compiuto, più completo, più forte. Compensa l’inferiorità con la sorpresa, aumenta il quid di imponderabile. Manca però la sicurezza nella visione d’insieme, e allora il piano svapora: si sorprende da solo, non stupisce l’azzurro, non altera l’aura di inevitabilità che il match assume da un certo momento in poi.
Sinner, feroce nel trovare vie diverse per arrivare alla vittoria, insegue l’obiettivo immediato senza perdere di vista il traguardo di lungo periodo, diventare il giocatore che vuole essere, possibilmente nella sua versione migliore. Allora, la partita si trasforma anche in una prosecuzione dell’allenamento, perché l’allenamento abitua a quel che in partita dovrà fare. Il senso naturale per il gioco e per il colpo, una coordinazione e una decontrazione che gli deriva dalla genetica e dal passato di prodigio azzurro dello slalom gigante, si vestono di nuovi colori nel blu dipinto di blu. Che poi, verrebbe da dire, è il blu della gioventù.
Terzo italiano più giovane di sempre nel main draw di uno Slam, miglior under 18 nella classifica mondiale, non si fa condizionare dai momenti difficili, dagli errori, dai passaggi a vuoto che accompagnano ogni processo di definizione di sé. Un percorso simile non può che avvenire per prove ed errori. Prova, Jannik, allievo con la testa del maestro Yoda, il personaggio di Star Wars per cui non esiste semplicemente tentare, esiste fare o non fare. Jannik fa. Lavora sui suoi limiti, sul superamento delle difficoltà. Dagli errori, come dalle vittorie, impara. Perché maturare non significa smettere di sbagliare. Significa commettere errori nuovi, non smettere di esplorare, di darsi obiettivi, di appassionarsi e alimentarsi del desiderio di migliorare.
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