(Foto Brigitte Grassotti)
Risultato :
N.Djokovic b. D. Schwartzman 63 67 63
da www.federtennis.it
L’ultimo Tango di Diego è un valzer di Nole. Ma non balla da solo Novak Djokovic
verso la nona finale al Foro, verso la resa dei conti, l’ennesima, con Rafa Nadal.
Perché Diego Schwartzman,
alla prima semifinale in carriera in un Master 1000, prova a replicare lo schema “The Wall” sul quale erano rimbalzati, tra gli altri, Matteo Berrettini e Key Nishikori. Ed il muro per lunghi tratti tiene sotto la pressione del numero 1 al mondo, sempre più on fire sulla terra (decima vittoria nelle ultime undici), che deve trattenersi in campo due ore e mezza prima di chiudere 63 67 (2) 6-3.
Quello del Foro Italico era il primo confronto tra i due non a livello di Slam: nei due precedenti Djokovic aveva vinto in tre set allo Us Open 2014, ma era stato costretto a rimontare da due set a uno sotto nell’edizione 2017 del Roland Garros. Da “underdog”, il match sulla distanza più breve, a rigor di logica, lasciava qualche speranza in più a Schwartzman.
El Peque, con i suoi 170 cm di altezza, è l’antidivo di un tennis sempre più all’insegna dell’atletismo esasperato. Fisico da mediano, lui calciatore mancato prestato al tennis (“ancora adesso in tv guardo più volentieri una partita di football che una di tennis” ha raccontato), ha studiato da nuovo Riquelme col pallone ai piedi prima di imboccare, alla soglia dei 14 anni, il bivio giusto. Solidità mentale fuori dal comune e un’efficacia in risposta da Top 3 nelle ultime 52 settimane nel circuito ATP. I numeri di Djokovic, però, sono da Top 10 anche al servizio (settimo) e nelle fasi di pressione (terzo).
E da Juan Martin Del Potro a Diego Schwartzman è un altro mondo, 24 Atp, un altro passo di Tango. Il bombardiere per eccellenza nel quarto di finale di venerdì aveva tenuto in scacco il numero 1 per tre ore a suon di bordate da fondo campo, fino a spingerlo ad un punto dal precipizio. Ma la musica cambia quando dall’altra parte della rete ci sono 30 centimetri e altrettanti kili in meno. Adesso è Djokovic a menare la danza, l’argentino entra in modalità moto perpetuo e, appena trova campo, prova a ribaltare l’inerzia dello scambio soprattutto col dritto.
Dopo la maratona con Del Potro, in cui ha dovuto rincorrere per lunghi tratti nel punteggio e nello scambio, la strategia del serbo nel secondo esame di argentino è chiara: far correre la pallina per far correre anche l’avversario ed economizzare sulle risorse interne.
Che ha lottato finché ha potuto, spezzando il ritmo di Nole con palle corte seriali, simili a dardi narcotizzanti. Primo set chirurgico di Nole, pronto a rompere l’equilibrio all’ottavo gioco con l’unica palla break a disposizione.
Il Centrale è tutto per Dieguito, vorrebbe poter allungare lo show. Le emozioni salgono nel secondo parziale proporzionalmente al numero delle rotazioni. Dal 3-2 un filotto di quattro break consecutivi con Schwartzman sempre avanti, ma sempre riassorbito dall’onda Nole anche nel momento in cui ha avuto la possibilità di servire per il set. Nole ancora a galla così come aveva fatto con Del Potro, finisce con la testa sott’acqua nel tie-break tutto griffato Schwartzman, che alla fine del set conterà ben 8 smorzate vincenti, praticamente due game interi. Il terzo set è un copia e incolla del primo parziale. Il motorino dell’argentino perde giri e nell’unica chance-break, Djokovic è inesorabile.
Il torneo avrà, dunque, la finale più logica e forse anche la più attesa tra i due più forti giocatori in circolazione. La nona per Djokovic, quattro volte re di Roma, la quinta contro Nadal (vittorie nel 2011 e 2014, sconfitte 2009 e 2012). Il contachilometri del serbo in questa Gran Premio di Roma segna più del doppio delle ore di quello dello spagnolo. Un piccolo vantaggio per Rafa, che punta al primo sigillo della stagione sul rosso. (542)