Roger Federe n.1 del mondo

Stefano Semeraro per la Stampa

 

Che cosa stavate facendo, più o meno a quest’ ora, quattordici anni fa? Pensateci. Roger Federer se lo ricorda benissimo: era appena diventato numero 1 del mondo. Se lo ricorda perché ieri sera lo ha rifatto, battendo 4-6 6-1 6-1 nei quarti di finale di Rotterdam l’ aurea mediocritas di Robin Haase, 30 anni, numero 42 del mondo. Per sorpassare il carissimo nemico Rafa Nadal gli bastavano 155 punti, la promozione alle semifinali gliene frutta 180, et voilà, a 36 anni, sei mesi e 15 giorni (l’ aggiornamento scatterà lunedì) l’ ennesimo record è cucinato. Nessuno era mai salito o risalito in vetta al ranking in età così tennisticamente geriatrica.

 

Fino a ieri il più anziano era stato il 33enne Agassi nel 2003. Nell’ era pre-computerizzata, ante 1973, qualche storico si spinge a citare i 37 anni di Bill Tilden vincitore a Wimbledon e finalista a Parigi nel 1930 (o i 38 di William Larned nel 1910), ma insomma era un altro tennis e Hitler, tanto per dire, non era nemmeno cancelliere del Reich. Se vi emozionano le statistiche si può aggiungere che Federer in un colpo solo si è preso anche i record per il più lungo periodo trascorso dalla prima (14 anni) e dall’ ultima (5 anni abbondanti) volta in cima al ranking.

 

E stavolta l’ ha fatto solo soletto, senza famiglia al seguito, più da single che da Patriarca.

«Grande soddisfazione» «So che Rafa è in Olanda (impegni promozionali, ndr) se avesse voglia di venirmi a trovare…», aveva abbozzato giovedì. «Sapete, devo chiederglielo io, perché è lui il numero 1». Molta scaramanzia, e la finta solitudine del numero uno.

 

Anche a Rotterdam, un torneo che ha vinto due volte ma non frequentava da un lustro, in realtà lo hanno massacrato d’ affetto, celebrato come una reliquia vivente, una Madonna pellegrina, la personificazione del tennis. Mantenere lo status di n.1 fino a fine anno non sarà banale, ma l’ importante era mettere la tacca, scalpellarsi un altro capitolo da leggenda. L’ Équipe lo ha già eletto per acclamazione «Atleta del secolo», il record di longevità agevolerà ulteriormente la santificazione, il museo comunque è lontano.

 

Da lunedì inizierà la sua 303ª settimana da numero 1, fra poco lo aspettano due cambiali pesanti a Indian Wells e Miami, dove deve difendere le due vittorie del 2017. Chissà se lo rivedremo sul rosso, l’ appuntamento sicuro è per Wimbledon. Stante la situazione sanitaria non brillante dei suoi due ex spauracchi Murray e Djokovic (che rientrerà a maggio), a Londra può sperare nel nono titolo, nel 21º Slam.

 

«Tornare n. 1 è stato importante più per quelli che mi stanno accanto che per me», dice. «A quasi 37 anni serve il doppio del lavoro, quindi la soddisfazione è più grande. Dopo il Masters dello scorso anno arrivarci pareva impossibile, ora le mie due gemelline saranno molto contente del loro papà, ma io non mi sveglio la mattina pensando che sono il migliore del mondo».

 

Un anno fa sembravano lontanissimi i 109 tornei di Connors: se vincerà a Rotterdam Federer sarà a 97. «Be’, sarebbe bello arrivare a 100». L’ ultima razione di immortalità. O la penultima. Con San Ruggero non si sa mai. (601)

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