TENNIS SCOMMESSE : Nuovi sviluppi, tanti episodi dubbi

Claudio Gatti per “www.ilsole24.com”
Sarà il Gip di Cremona a stabilire se i tennisti Daniele Bracciali e Potito Starace saranno processati per associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva assieme a Manlio Bruni, ex commercialista del calciatore Beppe Signori, e altri quattro supposti complici.

L’udienza preliminare è prevista il 18 maggio, ma già oggi un’inchiesta condotta congiuntamente dalla Bbc, dal sito americano Buzzfeed e dal Sole 24 Ore conferma quello che da tempo si dice: il tennis (a parte il doping dichiarato dalla Sharapova) ha un problema di scommesse. Con scommettitori che interferiscono sulle partite, giocatori che si dice perdano volutamente e intermediari che ottengono e distribuiscono informazioni in perfetto stile insider trading.
Oltre ai nomi di Bracciali e Starace, l’incrocio tra chat intercettate dalla Procura di Cremona e analisi delle scommesse fa emergere anche quelli di altri tennisti. Incluso Fabio Fognini. Ma gli stranieri sono ancora di più. Il pm che ha condotto le indagini, Roberto Di Martino, ci ha infatti detto di aver consegnato alla Tiu, l’Unità per l’integrità nel tennis dell’Atp, documentazione che include decine di nomi di tennisti non italiani emersi nelle conversazioni intercettate. Tra questi c’è il numero uno al mondo, Novak Djokovic.
«I funzionari della Tiu sono venuti a Cremona e io ho fornito loro copia degli atti», ci ha detto il pm. «È una questione che a mio giudizio merita la massima attenzione, perché la manipolazione degli incontri di tennis appare un fenomeno diffuso».

A Il Sole 24 Ore la Tiu da una parte ha confermato di avere «dal 2014 un’indagine in corso» su Bracciali e Starace, e di averli «intervistati entrambi». Dall’altra, sui tennisti non italiani i cui nomi sono stati dati dal pm Di Martino, ci ha spiegato che la sua prassi è di «non confermare né smentire l’esistenza di indagini» e di «non fare commentare prima che una procedura disciplinare sia completata e la sanzione comminata». Con una dichiarazione apparentemente contraddittoria che fa pensare all’applicazione di due pesi e due misure, una per gli italiani e una per i non italiani.
Le scommesse costituiscono un potenziale problema per tutti gli sport. Ma il tennis ha due vulnerabilità che facilitano la frode. Ci riferiamo al numero di atleti coinvolti in un incontro su cui si può scommettere e alle regole sulla classifica. Come spiega Marco Garofalo, che in qualità di capo dello Sco di Cremona ha diretto l’indagine del pm Di Martino, «il tennis si presta particolarmente al match fixing per via del fatto che basta l’accordo di un singolo giocatore».

In più, la classifica non tiene in considerazione i risultati di tutti i tornei giocati bensì solo di 18 – i quattro Grand Slams, gli otto Master e i sei migliori risultati ottenuti nei tornei minori. In altre parole, una volta ottenuti sei buoni risultati in questi ultimi tornei, un giocatore può permettersi di perdere senza subire conseguenze significative sul proprio ranking. Gli può quindi convenire di partecipare a un torneo e perdere volutamente. Per avere più giorni di riposo, per non sprecare energie in competizioni minori, oppure perché invogliato da qualcuno.

Che tra i tennisti ci fossero scommettitori era stato riconosciuto nove anni fa dalla stessa Atp, quando aveva squalificato cinque italiani, tra i quali gli stessi Bracciali e Starace. Ma in un’intervista a Bbc e Buzzfeed la madre di Federico Luzzi, il tennista aretino morto nel 2008 per una leucemia fulminante, sostiene che gli atleti colti a scommettere erano stati ben cento.
Secondo Paola Cesaroni Luzzi, mentre i cinque italiani sono stati squalificati, per non danneggiare l’immagine dello sport ai rimanenti 95 non-italiani sarebbe stato dato tempo e modo di cancellare le proprie tracce elettroniche, chiudendo gli account con le società di scommesse online. Conseguentemente, in un’altra apparente dimostrazione di doppiopesismo, questi atleti non sarebbero mai stati sanzionati.
Nell’intervista la signora Cesaroni Luzzi ha affrontato anche il tema delle interferenze degli scommettitori nello sport. «I ragazzi erano consapevoli che il problema esisteva, ne parlavano regolarmente in famiglia. Ricordo di una volta in cui proprio Bracciali fu contattato. Era il 2002 o 2003, credo.
Gli promisero 50mila dollari per perdere una partita. Lui era giovane e telefonò a casa per chiedere consiglio al padre, che io conosco e so essere un uomo molto onesto. Il padre gli disse che quella sera tutta Arezzo, la sua città, sarebbe stata davanti al televisore a guardare la partita e che quindi doveva pensare solo a vincerla. Bracciali effettivamente vinse, ma capisco che 50mila dollari fossero una bella tentazione per un ragazzo».
Da numerose intercettazioni di chat su skype risulta che nel luglio del 2007 Bracciali cambiò atteggiamento, avviando un rapporto pluriennale con un gruppo di professionisti della scommessa che oltre a Manlio Bruni includeva anche l’amico comune Roberto Goretti, ex calciatore dell’Arezzo oggi responsabile dell’Area tecnica dell’AC Perugia.
Sulla base di quegli scambi, Di Martino ha concluso che Bracciali si sarebbe attivato permanentemente per reclutare il maggior numero possibile di tennisti, prevalentemente italiani, affinché costoro, nell’ambito di un rapporto stabile, garantissero in cambio di denaro il risultato degli incontri di tennis conforme alle scommesse.
Nelle sue deposizioni sia al Tribunale di Cremona sia alla Procura sportiva, Bracciali ha minimizzato il proprio ruolo spiegando di essersi limitato a “fingere” di coinvolgere altri tennisti. Alla richiesta di spiegare suoi messaggi a Bruni nei quali parla di offerte in denaro ad altri tennisti, Bracciali si è trincerato dietro «non ricordo» o «non so che cosa intendessi dire».
Né il tennista ha saputo spiegare come mai per anni abbia continuato a discutere con Bruni e Goretti del “reclutamento” di compagni di disciplina come Potito Starace. Su questo punto lo stesso Bruni ha invece fornito importanti conferme, spiegando di essersi accorto che vi era «una certa diffusione» di partite truccate. A sua dire, Bracciali si sarebbe dichiarato disponibile a contattare i tennisti italiani che conosceva, per convincerli ad alterare il risultato delle partite. In primis Starace. Bruni ha anche ammesso di aver consegnato schede telefoniche anonime a Bracciali e Starace «per parlare tranquillamente».

Nelle chat si parla anche di pagamenti che Goretti e Bruni avrebbero fatto a Bracciali. L’episodio da cui emergono importanti dettagli riguarda un incontro giocato da Starace a Monaco di Baviera nel maggio 2009. Bruni ha dichiarato di aver saputo da Bracciali che Starace aveva vinto un primo incontro ma si era infortunato verso la fine del match e che quindi il giorno dopo non intendeva iniziare il match contro il tedesco Daniel Brands.
A questo punto è partito un giro di telefonate per convincere Starace a iniziare la partita e completare il primo set, perché in caso contrario l’eventuale scommessa non sarebbe stata ritenuta valida. In serata Bracciali comunicò che Starace avrebbe provato a entrare in campo e finire il primo set. Poiché la scommessa non sarebbe stata probabilmente redditizia (in quanto le condizioni di Starace sarebbero state subito evidenti), in caso di vincita la cricca decise di devolvere 1’intera somma a Starace. Bruni vinse circa 15.000 euro e, a suo dire, quella somma venne consegnata a Bracciali a Lugano, in occasione di un torneo al quale partecipava anche Starace.
A detta di Goretti, lo stesso Bracciali avrebbe chiesto la sua, seppur piccola, parte: 2.000 euro. E per questo, come risulta dalle chat, ha inviato a Bruni l’Iban di Bracciali.
L’incontro in questione era ai quarti di finale del torneo a Monaco di Baviera e fu giocato l’8 maggio. Dopo aver perso il primo set 6-4, nel secondo Starace si ritirò quando stava sull’1-1.
Come Bracciali, davanti alla procura sportiva anche Starace ha negato fermamente qualsiasi addebito, dicendo di non sapersi spiegare come mai Bracciali avrebbe riferito di cifre per le quali sarebbe stato disposto a perdere al primo turno, aggiungendo di non capire perché gli interlocutori lo presentino ripetutamente come loro complice.
Ma il tennista italiano di maggior calibro il cui nome emerge dalle chat è Fabio Fognini, l’attuale compagno di Flavia Pennetta. Negli atti della Procura viene menzionata una chat del 18 aprile 2011, in occasione del torneo di Barcellona in cui Bracciali dice a Bruni di voler «sentire anche quello ligure che gioca con l’altro ita… So che non sta bene». Bracciali aggiunge che «sarebbe un bel colpo» – evidentemente ai fini delle scommesse – ma «gioca oggi» e non riesce a «spostare i soldi».
Come fa notare il pm, Fabio Fognini è ligure e quel giorno giocò in un torneo a Barcellona e perse con l’italiano Vagnozzi ritirandosi sul 6-2, 2-4. In un altro messaggio a Bruni, Bracciali inoltre aggiunge «il ligure lo squalificano». Quella frase viene spiegata al pm da Roberto Goretti: «Pur non sapendo nulla di come si siano svolti gli incontri di Barcellona, deduco che, quando Bracciali dice a Bruni che “il ligure lo squalificano”, la frase sia da interpretarsi in questo senso: se Fognini, avendo alle spalle un set vinto e un break, avesse perso, il fatto sarebbe stato oltremodo sospetto e avrebbe potuto astrattamente avere conseguenze disciplinari».
I dati sulle scommesse su quel match riportano due segnalazioni sospette, ma di segno opposto. A Il Sole 24 Ore risulta che vi sia stata una prima bandierina rossa (o «red flag») sollevata da una società di scommesse che ha notato un anomalo numero di scommesse sulla vittoria di Fognini. Successivamente da un’altra società, Betfair, è arrivata la segnalazione opposta: un eccesso anomalo di puntate sulla vittoria di Vagnozzi. Tre giorni dopo l’incontro, questo secondo sviluppo è stato presentato così dal blog livetennis.it: «Pare che su Betfair, sul 6-2 2-1 a favore di Fognini, sia partita una giocata effettuata con carta di credito di ben 60mila euro sulla vittoria di Vagnozzi».

Il fatto che Fognini fosse stato segnalato in condizioni fisiche non buone, potrebbe ovviamente spiegare sia il suo ritiro sia le anomalie nelle scommesse (meno comprensibile la forte giocata contro di lui quando stava vincendo).
Contattato da il Sole 24 Ore, Fognini ha detto di «non voler rilasciare commenti».
Come avevamo detto all’inizio, oltre a tennisti e scommettitori, l’inchiesta di Cremona ha fatto emergere anche una terza categoria, quella degli insider trader del tennis, addetti ai lavori che ottengono «informazioni privilegiate» sulle condizioni o le intenzioni dei tennisti e le usano per avvantaggiarsi nelle scommesse.
Secondo il pm Di Martino dell’attività del sodalizio risultava fin dall’inizio coinvolto Tomas Nydahl, ex tennista svedese in rapporti di conoscenza con moltissimi tennisti che, in cambio di informazioni preventive sui risultati delle partite di calcio, comunicava invece i risultati «probabili, o combinati», degli incontri internazionali di tennis, denominati convenzionalmente “creme”.  Lo stesso Bruni ha confermato di aver recepito le indicazioni di Nydahl sul probabile esito delle partite, in cambio di dritte sul calcio.
Raggiunto telefonicamente da il Sole 24 Ore, Nydahl ha ammesso di conoscere la cricca di Bruni. «All’epoca lavoravo per una società di scommesse… Aiutavo a determinare le quotazioni… E condividevo delle idee con Bruni. Ma non sapevo che lui facesse niente di illecito». Lo svedese non ha saputo, o voluto, spiegare la natura o i motivi dei rapporti con Bruni, limitandosi a chiarire che per lui “crema” non era affatto sinonimo di combine.
La mancanza di riferimenti a pagamenti a tennisti da lui contattati negli scambi intercettati porta a pensare che Nydahl non abbia avuto il compito di “reclutare” suoi ex colleghi, bensì di fornire informazioni. Ma da lui Bruni non si aspettava analisi tecniche sullo stato di salute o la forma di un giocatore.
Contava piuttosto su informazioni riservate. Proprio come un insider trading in borsa. Per via del regolamento sul ranking di cui abbiamo parlato, nel tennis queste informazioni gli avrebbero permesso di puntare con successo su scenari apparentemente improbabili, e quindi con quotazioni alte, quali la sconfitta di un giocatore nettamente favorito che però, per un motivo o per un altro, non avrebbe giocato al massimo.
Il più significativo episodio del genere emerso dagli atti di Cremona riguarda l’incontro giocato il 31 ottobre 2007 a Parigi tra l’attuale numero 1 al mondo, il serbo Novak Djokovic, e il francese Fabrice Santoro che, contro ogni pronostico, fu vinto da quest’ultimo 6-3 6-2.
Ecco come Bruni ricostruisce la vicenda al pm Di Martino: «Il torneo di Parigi Bercy, pur caratterizzato da un cospicuo montepremi, è spesso snobbato dai tennisti destinati al Master di fine anno, che nel 2007 si sarebbe svolto a Shanghai, luogo che ha un fuso orario diverso. Pertanto i migliori otto tennisti del mondo, se partecipano al torneo di Bercy è possibile che abbiano una certa fretta di andarsene per acclimatarsi adeguatamente.

L’allenatore di Mario Ancic raccontò a Nydahl di avere incontrato il giorno della partita (con Santoro) la fidanzata di Djokovic, che lui conosceva bene, e di averli invitati a cena il giorno successivo. La fidanzata di Djokovic declinò l’invito in quanto quel giorno avrebbero avuto il volo per Shanghai.
Appresa la cosa, l’allenatore capì che Djokovic avrebbe potuto perdere, perché altrimenti non avrebbe prenotato l’aereo. Cercò inutilmente di trovare Nydahl, che ben conosceva come scommettitore, per informarlo. Ma non riuscì a contattarlo, forse perché aveva lasciato il telefono in albergo. Nydahl mi raccontò la vicenda il giorno dopo, rappresentandomi che avremmo potuto conseguire una grossa vincita scommettendo sulla vittoria di Santoro che era pagata 11 volte».
Il Sole 24 Ore ha contattato lo svedese Fredrik Rosengren, allora allenatore di Ancic, il quale ha confermato di essere amico di Nydahl e di essere stato al torneo di Parigi nel 2007, ma ha negato di aver incontrato l’allora fidanzata di Djokovic e di aver comunicato alcunché a Nydahl. Quest’ultimo, dopo averci detto di non ricordare l’episodio, ha spiegato che «si trattava di una mia analisi», e che «Djokovic non si sentiva bene e avevo pensato che non avrebbe giocato al 100 per cento».
Comunque sia andata, l’episodio fa chiaramente emergere le vulnerabilità del tennis in materia di scommesse. (996)

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